Jeremy Menez |
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| E’ mancata la rabbia, l’orgoglio, la personalità e l’intensità. Il Catania visto (o meglio non visto) a Firenze è stato il più brutto della stagione, pari a quello bastonato a Cagliari. Un dato: nessun tiro nello specchio della porta in 90’ minuti legittimano una prestazione davvero deludente della squadra del tecnico Diego Simeone che si è assunto tutte le responsabilità della sconfitta al Franchi. Ma cosa succede a questo Catania resta un mistero. Parte bene con un buon approccio alla gara ma poi al primo ostacolo o al primo gol subito ecco che si spegne la luce. Chi si aspettava una reazione degna del temperamento sudamericano di questa squadra imbottita di giocatori argentini è rimasto deluso. Il Catania ha giocato quasi 80’ minuti sottoritmo in balia della Fiorentina manovrando con rarissima lucidità e con molta approssimazione. Schelotto ( o chi aveva il compito di iniziare l’azione) lanciava palloni lunghi e nessuno aiutava il compagno in difficoltà. Simeone dava istruzioni in spagnolo dalla panchina ma le sue erano parole al vento visto che mai si è avuta la sensazione ieri che la squadra mettesse in pratica il suo credo. Del resto lo stesso “Cholo” ha confessato che i giocatori lavorano bene in settimana ma poi in campo non riescono a esprimere quanto di buono si è fatto anche dal punto di vista tattico. Da Firenze ci si aspettava una risposta forte da questa squadra che giocava contro un avversario in difficoltà e per di più contestato dal proprio pubblico. Ma il Catania finora è stato un vero benefattore andando in giro per l’Italia e aiutando chi soffre (naturalmente in classifica). Altro che cura per il mal di trasferta nella terra dei Medici, questa squadra ha bisogno di un bravo psicologo visto che al primo pugno in faccia crolla al tappeto senza rialzarsi. Le analogie tra la gara di ieri e le altre fuori dal Massimino sono spaventose. Il Catania ammaina la bandiera e torna a casa con le ossa rotte mentre le avversarie per la salvezza fanno passi avanti.
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